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Monzù (Unicobas): più soldi alle scuole private: il Governo sbaglia bersaglio

by Unicobas Lombardia
Monzù (Unicobas) più soldi alle scuole private il Governo sbaglia bersaglio

Monzù Unicobas: attacco alla scuola pubblica, i fondi ci sono ma per le private.

L’annuncio di un nuovo incremento dei finanziamenti pubblici alle scuole paritarie riapre un dibattito che in Italia sembra non trovare mai una conclusione. Da anni, i governi di diverso colore politico destinano una quota crescente di risorse a istituti che, pur svolgendo un servizio pubblico, restano privati nella gestione, nell’orientamento educativo e nella selezione delle famiglie. Un processo che rischia di compromettere seriamente il principio costituzionale di una scuola pubblica, gratuita e accessibile a tutti.

Le motivazioni ufficiali del Governo

Chi sostiene l’aumento dei fondi alle scuole paritarie solitamente si appoggia a tre argomenti principali:

  1. Libertà di scelta educativa: le famiglie avrebbero il diritto di scegliere se iscrivere i figli a una scuola statale o paritaria senza subire discriminazioni economiche.
  2. Sostegno alla pluralità dell’offerta formativa: la presenza di istituti privati arricchirebbe il panorama educativo e stimolerebbe la concorrenza.
  3. Alleggerimento dei costi per lo Stato: mantenere gli studenti nelle paritarie costerebbe meno all’erario rispetto al finanziamento diretto della scuola statale.

A prima vista, questi argomenti possono sembrare ragionevoli. In realtà, se analizzati con attenzione, mostrano più falle che solidità.

Monzù: perché queste motivazioni non reggono

1. La falsa libertà di scelta

La libertà di scelta è reale solo per chi può permettersi le rette. In Italia, le scuole paritarie chiedono contributi spesso elevati alle famiglie, escludendo di fatto i ceti popolari. Di conseguenza, lo Stato finisce col finanziare indirettamente chi ha già più mezzi, accentuando le diseguaglianze anziché ridurle. La realtà è semplice: le rette delle scuole paritarie sono fuori dalla portata della maggior parte delle famiglie. Altro che libertà: qui si tratta di privilegio. I fondi statali, invece di rafforzare la scuola pubblica che accoglie tutti, finiscono per ridurre le rette a chi già parte da una posizione di vantaggio. È il contrario della giustizia sociale: un Robin Hood al rovescio.

2. Pluralità o frammentazione?

La retorica della pluralità nasconde il rischio di frammentazione del sistema educativo. La scuola pubblica statale è pensata per essere un luogo di incontro, dove ragazzi di estrazioni sociali e culturali diverse convivono e imparano insieme. Le paritarie, soprattutto quelle legate a enti religiosi o a specifiche élite, finiscono per selezionare gli studenti, riducendo il valore sociale dell’istruzione come bene comune.

Il Governo parla di pluralità dell’offerta formativa, come se il problema della scuola italiana fosse l’assenza di alternative. In realtà, il nostro Paese soffre di dispersione scolastica, classi pollaio, edifici fatiscenti e docenti precari. Davvero la priorità è finanziare scuole che selezionano gli studenti in base al reddito o alla fede religiosa? Altro che pluralismo: è una forma di segregazione mascherata.

3. L’illusione del risparmio

Qui siamo alla favola. Lo Stato non può considerare “più conveniente” che gli studenti vadano in una scuola privata invece che in una statale. Perché la scuola pubblica non è un costo, è un investimento. E se oggi i soldi scarseggiano per laboratori, insegnanti e strutture, la colpa è proprio di chi decide di dirottare risorse verso chi la scuola se la può già pagare.

L’argomento del minor costo per lo Stato è fuorviante. È vero che un alunno in una scuola paritaria pesa meno sulle casse pubbliche rispetto a uno statale, ma questa logica ignora che lo Stato non può rinunciare al proprio compito costituzionale di garantire scuole statali di qualità. Investire in strutture private significa sottrarre risorse a un sistema che già soffre di carenze croniche: edifici insicuri, carenza di docenti, stipendi bassissimi, disuguaglianze territoriali enormi.

Monzù: Una questione di priorità

Il problema non è l’esistenza delle scuole paritarie in sé, che la legge 62/2000 ha riconosciuto come parte del sistema nazionale di istruzione. Il nodo sta nel rovesciamento delle priorità: si finanziano istituti privati mentre la scuola statale, che accoglie la stragrande maggioranza degli studenti e non seleziona in base al reddito o al credo, resta sotto-finanziata.

In un Paese con il più alto tasso di dispersione scolastica dell’Europa occidentale e con enormi differenze tra Nord e Sud, aumentare i fondi alle paritarie equivale a peggiorare il problema, non a risolverlo.

Mentre si stanziano milioni per le paritarie, i dirigenti scolastici devono elemosinare fondi per comprare banchi e sistemare i tetti che perdono. Gli insegnanti restano i più malpagati d’Europa. Le famiglie devono organizzare collette per comprare la carta igienica. È questa la priorità di un Paese che a parole dice di credere nell’istruzione?

Monzù:

La scuola pubblica dovrebbe essere il pilastro su cui costruire uguaglianza e cittadinanza. Ogni euro destinato alle paritarie è un euro sottratto a classi sovraffollate, a insegnanti precari, a palestre che crollano, a biblioteche che mancano. La retorica della libertà e del pluralismo non può nascondere una realtà semplice: rafforzare le scuole private con fondi pubblici significa indebolire la scuola di tutti.

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